Le Chiese
Fino a qualche anno fa le uniche notizie certe e documentate della chiesa di San Nicola risalivano al XVI secolo. Le sue origini più remote erano ignote causa tituli deperiti. Ma dopo le recenti ed approfondite ricerche condotte presso l’Archivio Segreto Vaticano (Rationes Decimarum Italiae) possiamo retrodatare, con assoluta certezza, l’esistenza della chiesa di San Nicola già al 1328, quando “l’Archipresbitero (Arciprete) della chiesa di San Nicola”, in Episcopato Frequentino, pagava le decime pari a VII tarì. Si potrebbe ulteriormente retrodatare a venti anni prima, nel 1308, quando però i Clerici del Castri Gesualdi non vollero pagare le decime. Dalle Relationes Diocesium ad Limina del 1611 si apprende ancora che la chiesa maggiore sub titulo di San Nicola assurgeva a luogo di due dignitates, cioè: un Archipresbitero ed un Primicerio, più altri cinque canonici che vi officiavano. Dalla medesima relationes si apprende inoltre che alla chiesa era annesso etiam hospitale pro infirmis et peregrinis.
Ma è con dalla Visita Apostolica del 1630 che abbiamo la prima descrizione dell’antica chiesa di San Nicola. Si presentava molto più piccola (terminava sulla crociera in prossimità degli attuali due scalini interni, con il campanile posizionato sulla parte posteriore della chiesa, mentre oggi invece risulta centrale), ma soprattutto era disposta nel verso contrario rispetto a come la vediamo oggi.
L’ingresso principale era esposto ad occidentem, mentre la porta chori ad orientem. A destra della porta maiorem c’era un’altra porta che scendeva all’altare del Presepio, porta che in occasione di importanti celebrazioni, si apriva sulla sottostante via pubblica per consentire alla maggior parte del popolo di parteciparvi. Ancora una volta fu il terribile terremoto del 1732 che determinò una forte ripresa di lavori e restauri che interessarono quasi tutte le chiese e conventi allora presenti nell’Università di Gesualdo. Anche la chiesa matrice di San Nicola, quasi interamente distrutta, fu oggetto di importanti lavori di ampliamento, riposizionamento e restauro. Il portone monumentale del 1760 opera dello scultore Giuseppe Landi, che attualmente si armonizza, lungo la stessa linea, con la Fontana e con il SS.mo Sacramento (il Cappellone), ne certifica il ritrovato splendore così come ancora oggi l’ammiriamo in uno a tutta la chiesa a croce latina con navata unica e cappelle laterali. All’interno v’erano 10 reliquie di Santi e Martiri custodite in teche di legno dorato, donate nel 1652 dal principe Ludovisi. Ora sono conservate nel Museo Diocesano di Nusco. Oggi possono ammirarsi preziosi dipinti come “l’Ultima Cena” del 1602, ed il “Miracolo della Neve”, nonché pregevoli statue lignee di San Nicola e della Madonna dell’Immacolata.
Fonti d’archivio: Archivio Segreto Vaticano.
Fonti a stampa: G. Catone, Memorie Gesualdine, 1840; R. Grappone, “Storia dei Domenicani…”, ed. Pellecchia, Atripalda (Av), 2014.
A cura di : Rossano Grappone, ricercatore e studioso di storia locale.
Chiesa del S.S.Rosario
In origine (1309) v’era una piccola “ecclesia” del SS.mo Salvatore. Nel 1453, a seguito della caduta di Costantinopoli e della fuga dei cristiani verso il regno di Napoli, questa ecclesia assunse la denominazione di Santa Maria di Costantinopoli. Dopo la vittoriosa battaglia di Lepanto del 1571, si diffuse in tutto il Meridione il culto della Madonna del SS.mo Rosario che aveva protetto la flotta Cristiana. Molte chiese, tra le quali questa di Gesualdo, sostituirono la denominazione originaria assumendo quella del “SS.mo Rosario”. E nel 1577 venne “fondato et eretto” per volere del vescovo, dei decurioni (amministratori) e di quasi tutti i cittadini il primo convento con annessa chiesetta dei domenicani di Gesualdo. Molto più tardi, nel 1637, su progetto dell’architetto napoletano Giuseppe Nuvolo e con una parte di fondi lasciati dal principe Carlo Gesualdo nel testamento1613, si avviarono i lavori del nuovo complesso conventuale e della annessa chiesa del “SS.mo Rosario”, grazie anche alle successive disposizioni della moglie di Carlo, Principessa Eleonora, e di sua figlia Isabella e del marito principe Niccolò Ludovisi. L’attuale impianto architettonico (Chiesa e Convento) risale al 1750 circa, quando dopo il disastroso terremoto del 1732, vennero realizzate le due navate laterali con quattro altari per ogni lato. Il campanile, che in origine si trovava sul retro, venne ricostruito accanto alla facciata principale. Con il terremoto del 1980 sono andati distrutti tutti gli affreschi della navata centrale raffiguranti, tra gli altri, la famosa battaglia di Lepanto, ed altri dipinti che impreziosivano la cupola. L’altare maggiore intitolato alla Madonna del “SS.mo Rosario” è veramente un’opera d’arte per raffinatezza, eleganza e preziosità dei marmi impiegati. L’antico coro ligneo retrostante è anch’esso sontuoso ed imponente. Gli otto altari, quattro per ogni navata, sono in preziosi marmi policromi provenienti in parte anche dalle cave di alabastro di Gesualdo. Tra i numerosi pregevoli dipinti presenti si segnala quello della Madonna di Costantinopoli (sec. XVI) raffigurante la Madonna assisa in trono contornata da angeli in atto di spegnere le fiamme che avvolgono la città di Costantinopoli espugnata da Maometto II nel 1453. La chiesa è sede dell’antichissima Arciconfraternita del SS.mo Rosario.
PS : notizie ed informazioni tratte da documenti e manoscritti dell’epoca rinvenuti presso:
a) Archivio di Stato Avellino
b) Archivio Statale Montevergine
c) Archivio di Stato Napoli
d) Archivio Segreto del Vaticano
Chiesa di Santa Maria Delle Grazie – Convento dei Cappuccini
La chiesa è situata in fondo alla via Cappuccini, con annesso Convento dei Padri Cappuccini. Furono fatti erigere dal principe Carlo Gesualdo nel 1592, come si legge sulla lapide apposta sulla facciata del convento. Il convento, ampliato da Nicolò Ludovisi nel 1629, è stato danneggiato dal sisma del 23 novembre 1980.
Essa è a una sola navata; l’altare maggiore e quelli laterali sono in marmo policromo. La facciata molto semplice e austera presenta sopra l’arco d’ingresso lo stemma del principe Carlo Gesualdo. Celebre è il dipinto che si conserva nella chiesa, intitolato “il perdono di Carlo Gesualdo“ (cm 481 x cm 310) di Giovanni Balducci, ritenuto dalla tradizione gotico-tenebrista l’icona del pentimento nella quale il principe avrebbe fatto trasportare per immagini la sua macerazione interiore per il duplice assassinio. Più in generale è da ritenere che la tela votiva raffiguri la richiesta di perdono per tutta l’umanità peccatrice, così come il principe musicista, nel 1585, scriveva nel suo primo mottetto “Ne reminiscaris, Domine, delicta nostra”: Perdona, Signore, i nostri peccati. Il convento, dal bellissimo chiostro e giardino è luogo di serafica pace. Per decenni è stato la sede del corso di studi in Teologia Morale per i seminaristi francescani dell’ordine dei Cappuccini. Nel convento soggiornò dal novembre al dicembre del 1909 Padre Pio da Pietrelcina. All’interno è possibile visitare il Museo di San Pio e Cella del Santo.
(da Sito Proloco)
Chiesa di San Rocco
La chiesa fu fondata nel 1616 dalla principessa Isabella, nipote di Carlo Gesualdo, sotto il titolo di S. Antonio da Vienna. Nel 1820, come riportato su lapide collocata sulla porta d’ingresso, fu ampliata per motivi di insufficienza di spazio fino a raddoppiare le sue originarie dimensioni di lunghezza e altezza.
Fu rifatto il prospetto principale con artistico portale e fu costruito, separato dal corpo della chiesa, un campanile a base quadrata con cupola ricoperta di mattonelle porcellanate dipinte a mano. Quest’ultima opera, purtroppo, divenuta pericolante, fu demolita nel 1909 e sostituita da un nuovo campanile costruito sul lato opposto.
Per accedere alla nuova cella campanaria fu realizzata una scala a chiocciola in pietra con gradini monolitici autoportanti. L’interno fu arricchito di pregevoli stucchi nel 1922, quando fu sistemata sull’altare maggiore la statua della Vergine Addolorata, acquistata presso la ditta Calderazzo di Napoli dal Priore Don Pasquale Dell’Erario, con dei soldi vinti al gioco del lotto.
Negli anni Settanta, la facciata fu rivestita con pietre di Fontanarosa. Al centro della stessa, al di sopra del portale, fu riprodotta l’immagine dell’Addolorata con ceramiche di Vietri sul Mare, mentre sul vertice del frontone fu collocata una statua di San Rocco, fatta appositamente eseguire a Carrara, a imitazione di quella che si conserva all’interno della chiesa. A seguito del rovinoso evento sismico dell’80, la chiesa fu resa inagibile per circa un decennio. Crollò l’abside e andarono perduti affreschi, stucchi e pezzi di altari.
Già dal Settecento è sede della Confraternita dell’Addolorata.
(da Sito Proloco)
Il Cappellone
Nella Piazza Umberto I, in cui si ammira una magnifica fontana costruita proprio al centro nel 1688, l’opera più imponente è il Cappellone.
L’edificio presenta nella sua globalità tre forme strutturali:
1) la parte bassa (base), con la facciata in pietra, decorata da intagli a rilievo, è prismatica a base quadrata;
2) la parte centrale (tamburo), nella quale si aprono quattro finestroni perfettamente allineati con i punti cardinali, è cilindrica;
3) la parte alta (cupola) è perfettamente emisferica.
È un edificio vistoso ed imponente che ha il prospetto ben lavorato in travertino prospiciente su un’ ampia scala di nove scalini in uguale pietra realizzata nel 1842 dai maestri scalpellini Pesiri di Gesualdo. Dal cornicione lapideo in su l’architettura della chiesa è a forma cilindrica con quattro piccole finestre contrapposte. Il tutto è sormontato da una bellissima cupola a sua volta sormontata da altra cupola molto piccola che poggia su quattro pilastrini. In cima vi è una croce e sotto ad essa una banderuola ben lavorata. La costruzione è da attribuire a Domenico Ludovisi e a suo figlio Nicolò che la portò a termine nel 1736.All’interno è esposta la tela del Palio, celebrativa dell’incontro riconciliatore tra Carlo e Emanuele Gesualdo.
(da Sito Proloco)